Dai profili commemorativi sui social all’uso dell’Intelligenza Artificiale per parlare con le persone defunte.
Il 2065 sarà l’anno in cui sui social il numero di profili delle persone decedute sorpasserà quello degli utenti vivi.
Il web ha permeato così nel profondo le nostre vite in tutti loro aspetti che, sebbene faccia venire un po’ di pelle d’oca, non si può pensare che il digitale non impatti in qualche modo anche sul nostro ultimo passaggio.
Ogni giorno lasciamo miliardi di tracce della nostra presenza online, e da qualche tempo qualcuno si è cominciato a domandare che ne sarà dei nostri dati quando non potremo più avere il controllo su di essi. Abbiamo il diritto di essere dimenticati dal web o di esser celebrati dai nostri cari di fronte ad uno schermo luminoso?
Le diverse piattaforme social offrono una serie di opzioni che permettono di decidere in anticipo cosa ne sarà dei nostri profili quando non ci saremo più: Facebook, ad esempio, permette di scegliere un “account erede” che diventerà amministratore di un profilo celebrativo in cui i nostri cari potranno continuare a tenere vivo il nostro ricordo. I meno inclini alla commemorazione, invece, potranno decidere di eliminare l’account e tutti i dati collegati dopo la propria scomparsa.
Instagram, al contrario, non permette a nessuno di accedere al posto di una persona deceduta: l’account viene trasformato in commemorativo e i post vengono mantenuti visibili, mentre vengono bloccati commenti e likes da parte di altri utenti.
Twitter, invece, si mostra da questo punto di vista più macchinoso, cancellando l’account del deceduto soltanto dopo aver ricevuto una copia del certificato di morte da un parente o amico.
E se commemorare un defunto sul web fosse di più di un semplice post in bacheca? Chi ha visto l’episodio di Black Mirror “Be right back” (2×1) potrà immaginare cosa sta per seguire. L’episodio parla di una fidanzata che, dopo la morte del suo amato, si trova ad interagire con un chatbot che emula perfettamente le chiacchierate con il suo ragazzo, dandole l’impressione che lui non se ne sia mai andato. Senza proseguire rischiando spoiler, quella puntata ha fatto sorgere diversi quesiti.
L’Intelligenza Artificiale ha fatto negli ultimi anni passi da gigante, e le conversazioni con i bot più sofisticati cominciano a rischiare di esser davvero fraintesi con interazioni tra esseri umani.
Casey Newton, su The Verge, ha raccontato la storia di una giovane programmatrice russa di nome Eugenia Kuyda, che ha usato l’AI per continuare a parlare con il suo migliore amico scomparso qualche mese prima, realizzando in parte quello che era stato immaginato dagli sceneggiatori della puntata di cui abbiamo appena accennato la trama.
Eugenia ha creato un bot che riproduce il linguaggio idiosincratico e iper-ironico del defunto amico Roman basandosi sulle migliaia di messaggi che si erano scambiati mentre lui era ancora in vita, chiedendo poi ad altri amici e parenti di arricchire il database di espressioni tramite la condivisione delle loro chat con Roman, così da permettere al bot di essere ancora più fedele alla realtà. Se siete curiosi, a questo link potrete trovare alcuni estratti delle conversazioni tra Eugenia e il bot di Roman.
Una storia intrigante e a tratti sinistra, che comporta non poche implicazioni dal punto di vista emotivo e potrebbe non esser destinata a rimanere un caso isolato.
Questo è inizio di un viaggio, che ci porterà ad esplorare la differenza che esiste fra la metabolizzazione e la condivisione online del lutto, affronteremo lo scontro che vive fra problematiche legali e questioni morali, e cercheremo di capire come un semplice post possa trasformarsi in un post… mortem.