Luigi Quintili, artista irrequieto
Servizio a cura di Angelo Mastria – Testi a cura di Felice Ragazzo
Non c’è oltre, per Quintili, che incarnare fino in fondo l’avanguardia come artista. Non soltanto come pittore, ma con ogni forma di espressione. Il colore, la forma del segno, quella della campitura pennellata, sono i principali punti d’attacco. Tuttavia, è incisivo ed energico nella parola, specie se in tema di Arte Militante.
Gli argomenti sono sempre colti ed informati: per letture mirate, ma soprattutto per propizie frequentazioni. Un mito tra tutti?
Pier Paolo Pasolini. Il baricentro è comunque sempre l’esperienza di vita maturata come capita e come viene, virando, beninteso, sempre verso il bene: ai Mercati Generali, per sopravvivere; a Cinecittà, così come in Marocco, per profittare dell’industria del cinema; a Testaccio per subire una Roma vittima e ribelle; a Parigi, per inseguire l’utopia della grande pittura; a Tiburtino III, per professare l’Arte alla Scuola di Via del Frantoio; a Dusseldorf, per cogliere sul momento un Bacon travolgente e trasgressivo; a San Lorenzo, per creare il suo studio nell’ex pastificio; in Sri Lanka per assaporare il fascino dell’Oriente.
Il segno gli scorre fluido come un rivolo, o secco come un graffio. Fronteggia la geometria, ma per consumare un sacrificio. Quando fa intervenire il legno come solida materia, non contano tanto i micro spazi tassellati 3D, quanto la fascinazione delle texture mischiate a improvvide pigmentazioni. Avrà motivo di gioire Renato Livi che, in origine, da artista, vanta il merito di averci visto lungo.