di Patrizia Cinti
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Nella società della conoscenza e dell’apprendimento hanno acquisito particolare rilievo le competenze trasversali, che affiancano oramai con pari dignità quelle da sempre definite tecnico professionali.
In una società centrata su modelli tradizionali di produzione, infatti, le competenze trasversali hanno un ruolo marginale, comunque subordinato ai saperi e alle abilità di tipo tecnico professionale. Nei sistemi sociali avanzati e nelle economie della flessibilità, al contrario, non è più considerato un elemento accessorio, ad esempio, saper comunicare in modo efficace, tenendo conto dei vincoli e delle opportunità del contesto e dei vari livelli del processo comunicativo: interpersonale, di gruppo, nelle organizzazioni, nei sistemi complessi.
La competenza è uno dei concetti sul quale da tempo dibattono molti attori, tra questi i formatori, i decisori politici, gli imprenditori. Oggetto di attenzione da sempre degli studiosi umanisti, oggi si parla di competenza nei documenti dell’Unione europea e in quelli dei manager aziendali. Così è su questo concetto che oggi convergono esperienze talvolta distanti, se non divergenti, quelle delle istituzioni formative, delle istituzioni politiche, delle imprese e delle organizzazioni.
La società della conoscenza è una definizione ormai diffusa, uscita dai documenti europei di Lisbona 2000 per giungere nei media e per entrare nel linguaggio comune, ed è utile per descrive lo sviluppo della società post-industriale (1). Ma proprio mentre si andava diffondendo questa cultura della centralità della conoscenza, l’Europa forniva nei suoi documenti e diffondeva con le sue politiche una nuova definizione di quella che alla fine viene oggi indicata come società della conoscenza e dell’apprendimento.
Ad una prima lettura, distratta, le due definizioni potrebbero sembrare simili, se non intercambiabili, mentre sono l’integrazione l’una dell’altra. E se il dibattito sulla società della conoscenza aveva portato ad una classificazione dei requisiti distintivi e dei criteri per essere dentro o fuori la società avanzata, i contributi sulla società dell’apprendimento stanno spostando l’attenzione dall’oggi al domani, dall’avere la conoscenza all’essere competente.
In Italia, è l’INAPP (prima Isfol) a fornire una definizione, una classificazione e un modello per le competenze, per agganciare il più possibile il nostro paese all’Europa. Per l’INAPP, “competenza è l’insieme delle conoscenze teoriche e pratiche, delle abilità e delle capacità che consentono a un individuo un adeguato orientamento in uno specifico campo d’azione. La competenza si connota quindi come conoscenza in azione: in essa emerge la componente operativa della conoscenza, ossia la presenza di un costante orientamento a saldare sapere e saper fare, anche in situazioni contraddistinte da un elevato livello di complessità, che quindi esigono schemi altrettanto complessi di pensiero e di azione.” (2)
Basato su questa definizione, è il sistema di classificazione delle competenze, nel quale l’INAPP utilizza tre macro-categorie: competenze di base, competenze tecnico professionali, competenze trasversali.
Le competenze di base, ritenute indispensabili per lo svolgimento efficace ed efficiente di una attività lavorativa, sono le seguenti: Lingua inglese, Informatica di base, Organizzazione aziendale, Diritto sindacale e del lavoro, Tecniche di ricerca attiva del lavoro, Economia di base.
Le competenze tecnico professionali variano da un settore lavorativo ad un altro, e vanno mappate e classificate empiricamente con una attenta analisi dei processi lavorativi, del loro svolgimento e della loro innovazione tecnica.
Le competenze trasversali sono (3) “un insieme di abilità di ampio spessore che sono implicate in numerosi tipi di compiti, dai più elementari ai più complessi, e che si esplicano in situazioni tra loro diverse e quindi ampliamente generalizzabili”, come le abilità di diagnosi, di comunicazione, di decisione, di problem solving, ecc.
La crescente attenzione alle competenze trasversali è indicata anche dall’ampio spazio riservato allo standard del CV Europass (4), che come sviluppo del CV Europeo, richiede di descrivere in dettaglio le competenze sociali (come la capacità di lavorare in gruppo, agire in contesti multiculturali, comunicare in modo efficace, ecc.), quelle organizzative (es. leadership, organizzazione del lavoro, gestione di gruppi e progetti), quelle artistiche (nella musica, nella scrittura, nel disegno, ecc.), oltre che quelle linguistiche, informatiche e tecniche.
Per le organizzazioni orientate al risultato più che alle norme, al ruolo agito più che alla mansione prescritta, alla discrezionalità operativa più che al conformismo, alla cooperazione e collaborazione più che alla suddivisione, queste sono competenze essenziali, difficili da trovare e da conservare, che arricchiscono il capitale intellettuale e realizzano qualità produttiva e, non ultimo, benessere organizzativo.